Cisti pilonidale

La cisti pilonidale è una sacca simile a un nodulo da cui spuntano alcuni peli. Di natura benigna, si forma in genere nell’area del coccige.
La cisti pilonidale, detta anche sinus pilonidalis, ciste sacro-coccigea o ciste all’osso sacro, è una sacca cava, simile a un nodulo, al cui interno è presente un composto liquido e semisolido in cui è possibile trovare altri elementi solidi, in particolare peli: il suo nome fa proprio riferimento a un “nido di peli”. Essa si sviluppa in genere nello spazio presente tra le natiche, a una distanza di 4-5 centimetri dall’ano.

È più raro che si manifesti invece in altre aree, come ad esempio la zona genitale, l’ombelico, le ascelle o le mani. Si tratta di una condizione benigna, che però è necessario non sottovalutare: può infatti andare incontro a processi infiammatori e infezioni.

Cisti pilonidale, fistola sacro-coccigea e ascesso pilonidale

Si parla di malattia pilonidale quando alla cisti si accompagnano altre manifestazioni, che costituiscono ciascuna un aspetto vero e proprio della patologia. Vale la pena quindi operare questa distinzione:
 
  • La ciste sacrococcigea è la sacca, che non necessariamente si infetta. Essa può non dare sintomi particolari per diversi anni oppure essere leggermente dolente al tatto.
  • Se la cisti pilonidale si infetta a causa dell’azione dei batteri, si accumula pus nella zona, dando così origine all’ascesso pilonidale. Esso si distingue per le maggiori dimensioni e per una sintomatologia tipica di un processo infiammatorio. In seguito, se non adeguatamente trattato, l’ascesso può rompersi e dare origine a un processo di fistolizzazione.
  • Si forma così una fistola sacro coccigea o pilonidale, ossia un canale di comunicazione anomalo e di forma tubulare (come indicato dall’origine del suo nome, che nell’antichità indicava un tubo di conduttura per le acque). La fistola mette in connessione la cisti nell’area del coccige con un orifizio, da cui fuoriesce il materiale sieroso o purulento. Da questa via di passaggio la fuoriuscita può continuare per diverso tempo, andando così a determinare la formazione di ulteriori fistole e altri orifizi sulla cute. Quando invece la fistola sacro-coccigea si chiude, ciò può provocare lo sviluppo di ascessi ricorrenti.

Visti la particolare conformazione e il posizionamento, la fistola all’osso sacro difficilmente guarisce in autonomia: ciò è dovuto anche all’eventuale passaggio di sostanze prodotte dall’organismo, che può costituire l’origine di un peggioramento della lesione e in alcuni casi della formazione di tumori. In ogni caso, bisogna sottolineare che la degenerazione di una ciste pilonidale in carcinoma della pelle a cellule squamose è decisamente molto rara (0,02% - 0,01%).

Non si possono determinare in modo certo, ma la ciste pilonidale può avere fra le cause prima di tutto la localizzazione: l’area fra i glutei è caratterizzata da un tessuto piuttosto sottile e in cui tendono ad accumularsi residui di cellule morte, secrezioni sebacee, peli e capelli. Nella medesima zona può anche presentarsi un ulteriore caso: un pelo che cresce sottocute (“pelo incarnito”). Di fronte alla formazione di un sinus pilonidalis, le cause possono quindi essere considerate quelle eventualità che agevolano tale processo:
 
  • Ripetuti traumi o eccessiva pressione a livello sacro-coccigeo, dovuti ad attività sportive (ciclismo, equitazione) oppure professionali (guida di veicoli)
  • Peso corporeo in eccesso, che provoca anche lo sfregamento dei glutei
  • Sedentarietà
  • Igiene non accurata
  • Quantitativo importante di peli superflui
  • Copiosa sudorazione, che favorisce la proliferazione di batteri anaerobi
  • Indumenti troppo stretti
  • Più raramente spina bifida

La cisti pilonidale si manifesta in modo particolare nei soggetti di sesso maschile nella fascia d’età 15-30, con un picco fra 19 e 25 anni. Tra i fattori predisponenti vi sono: familiarità, cheratina in eccesso o dinamiche di desquamazione dei peli, dimensione dei pori cutanei, blocco di ghiandole sebacee e follicoli piliferi, predisposizione a disordini della cute e vulnerabilità del sistema immunitario.

Per quanto riguarda in particolare la fistola sacro-coccigea, le cause sono da identificare non a caso in infiammazioni o infezioni: il processo infiammatorio genera poi a sua volta delle aderenze fra i tessuti. Se si sviluppano l’ascesso e la fistola, la formazione di ascessi può anche diventare una condizione cronica e, se queste dinamiche non vengono tempestivamente trattate, si rischia di andare incontro a infezioni sistemiche.

Data la particolare posizione in cui si sviluppa questa sacca, nella maggior parte dei casi il paziente non si accorge di nulla finché la cisti pilonidale non è infiammata. Quando si trova in una fase silente, essa può essere individuata come una piccola massa dai quali fuoriesce un pelo. Il risultato del processo di infezione fa poi sì che la cisti sacro-coccigea dia sintomi come:
 
  • Gonfiore e rossore della zona fra i due glutei
  • Dolore al tatto
  • Consistenza più dura della massa rispetto ai tessuti circostanti

Inoltre, la cisti pilonidale può provocare dolore oppure fastidio mentre si è seduti fino ad arrivare ad aumento della temperatura corporea, cefalea e senso di malessere. Se è contemporaneamente presente una fistola coccigea, i sintomi possono comprendere anche prurito, bruciore, sanguinamento, perdita di materiale purulento e cattivo odore.

In generale, quando il paziente percepisce dolore, significa che la fistola sacro-coccigea si è già formata. Come si è accennato, se il sinus pilonidalis è oggetto di infezione batterica fino a generare un accumulo di materiale purulento, si parla di ascesso pilonidale. Una volta che il processo infiammatorio è avviato, la cisti pilonidale può provocare sintomi anche soltanto nel giro di pochi giorni.

La formazione di una ciste pilonidale viene identificata con l’osservazione dell’area interessata e la palpazione della sacca: durante la visita, il paziente lamenta spesso dolore al tatto e durante la separazione manuale delle natiche.

Per valutare la presenza dei tragitti tubulari caratteristici nella fistola sacrococcigea o altre problematiche collegate, il medico ricorre all’esplorazione rettale e ad un’anoscopia: questo esame ecografico con sonda breve permette di analizzare la fistola, se presente, le sue dimensioni e l’eventuale collegamento con il canale anale.

Se il medico sospetta la presenza di una fistola complessa, può richiedere l’esecuzione di una risonanza magnetica pelvica. Sono inoltre utili gli esami del sangue, che aiutano a ottenere un quadro generale della salute del paziente e possono fornire elementi utili a determinare la causa del processo di infiammazione o infezione.

In ogni caso, il ruolo della diagnosi è assolutamente essenziale, in quanto è necessario distinguere la malattia pilonidale da altre patologie e manifestazioni, come foruncolosi, fistola perianale, morbo di Crohn, idrosadenite suppurativa, tubercolosi, sifilide, actinomicosi.

Bisogna prima di tutto sottolineare che la ciste sacrococcigea è caratterizzata da un’alta resistenza e comporta un elevato numero di recidive. Non è quindi casuale che nel corso degli anni e di numerosi studi siano state messe a punto molte tecniche di trattamento diverse fra loro. In ogni caso, per affrontare la cisti pilonidale con la terapia ottimale, si seguono le linee guida messe a punto dall’American Society of Colon and Rectal Surgeons e dalla Società Italiana di Chirurgia ColoRettale.

Vi sono anche casi in cui, dal momento che non provoca sintomi, la ciste pilonidale può anche non essere trattata. Ciò non significa che il paziente non debba fare nulla: al contrario, per facilitare il riassorbimento della cisti pilonidale i primi rimedi sono il mantenimento di una buona igiene e la depilazione della zona interglutea.

Altra questione si verifica quando la cisti pilonidale è infiammata e si è sviluppata un’infezione: prima che si formino una fistola sacro-coccigea oppure un ascesso coccigeo, può rivelarsi utile seguire una terapia di tipo farmacologico con antibiotici e antinfiammatori, sempre su prescrizione medica. L’assunzione di antibiotico è particolarmente coerente nei casi in cui il paziente soffre di una intensa cellulite nella zona da trattare. Il medico stesso può anche decidere di prescrivere antidolorifici nel caso in cui i sintomi siano particolarmente fastidiosi.

È inoltre possibile procedere con incisione e drenaggio della cisti pilonidale: il medico “addormenta” l’area interessata con un anestetico locale, esegue un’incisione di piccole dimensioni aprendo così la cisti, drena il materiale purulento e rimuove tutti i corpi solidi presenti al suo interno (peli, capelli, minuscoli frammenti di tessuto, ecc.). In seguito, pulisce la ferita con una soluzione salina e la ricopre con una garza sterile. In genere, con l’aiuto dei farmaci sopra citati e con la sostituzione frequente della medicazione (circa tre volte a settimana), la ferita guarisce in quattro settimane.

Altri metodi mininvasivi, ma meno comuni e indicati solo in situazioni selezionate con malattia pilonidale cronica, sono:
 
  • Trattamento con colla di fibrina: si rimuovono i peli residui nella zona interessata e si esegue una sigillatura con questa tipologia di colla assorbibile. Si tratta di una procedura da eseguire in anestesia locale (o anche generale, in base alle esigenze del paziente) e comporta un recupero molto rapido.
  • Iniezioni di fenolo, che possono anche prevenire il ricorrere della patologia soprattutto in caso di cisti pilonidale lieve o moderata.

Ma di fronte a una cisti pilonidale, il trattamento prevede una sola soluzione definitiva, dato il già citato rischio elevato di recidiva: l’intervento chirurgico di asportazione della cisti.
 

Cisti pilonidale: l’intervento


La tecnica principalmente utilizzata per rimuovere una cisti sacro-coccigea è la cosiddetta EPsiT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment). La procedura, che dura circa 20-30 minuti, prevede l’esecuzione di una piccola incisione (inferiore a 5 millimetri), effettuata con guida ecografica, e l’introduzione di un laser o un elettrobisturi per l’asportazione della cisti.

Questa particolare tecnica di escissione della lesione offre tutta una serie di vantaggi: una notevole riduzione della quantità di tessuto asportato, con conseguente diminuzione dei tempi di ricovero, una gestione post-operatoria più semplice e un recupero più veloce, tanto che il paziente può riprendere le proprie attività già nel giorno seguente. Lo stesso impatto estetico, che è legato a doppio filo con quello psicologico, è significativamente basso.

Dopo l’asportazione della cisti pilonidale, l’operazione prevede queste due opzioni, fra cui il medico può scegliere:
 
  • Chiusura per prima intenzione o diretta: il chirurgo chiude la ferita con punti di sutura, che saranno rimossi dopo 10-12 giorni, e i lembi di cute che la definivano aderiscono. La guarigione della ferita è più veloce, ma non mancano casi di recidive anche dopo l’intervento.
  • Chiusura per seconda intenzione: il medico lascia la ferita chirurgica aperta e la tampona con una garza sterile contenente una soluzione iodata. La zona risulterà più pulita e i tessuti saranno liberi di riformarsi. Si allungano però i tempi di guarigione, che possono arrivare anche a 6 settimane.

Dopo l’intervento, bisogna prestare attenzione alle possibili complicazioni, che possono comprendere infezioni locali o una guarigione difficoltosa della ferita. Il paziente deve quindi attenersi scrupolosamente alle indicazioni ricevute dal chirurgo e in generale dal personale medico, che consentiranno di gestire al meglio la fase post-operatoria e favorire la guarigione.

È proprio in questa fase che le visite di controllo sono indispensabili, poiché permettono la gestione tempestiva di eventuali problematiche e l’osservazione della situazione nella sua evoluzione.

La zona in cui per lo più si presentano ciste pilonidale, fistola sacro coccigea e ascesso pilonidale è indubbiamente molto delicata e spesso i pazienti hanno qualche remora a farsi visitare. Ma è fondamentale superare il timore e fornire al medico tutte le informazioni possibili. La complessità e la particolarità della condizione richiedono l’intervento di specialisti esperti abituati a operare in team e con una visione multidisciplinare, sostenuta dalle migliori tecnologie: un approccio che da sempre distingue le strutture GVM Care & Research.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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