Bisogna prima di tutto sottolineare che la ciste sacrococcigea è caratterizzata da
un’alta resistenza e
comporta un elevato numero di recidive. Non è quindi casuale che nel corso degli anni e di numerosi studi siano state messe a punto molte tecniche di trattamento diverse fra loro. In ogni caso,
per affrontare la cisti pilonidale con la terapia ottimale, si seguono le linee guida messe a punto dall’American Society of Colon and Rectal Surgeons e dalla Società Italiana di Chirurgia ColoRettale.
Vi sono anche casi in cui, dal momento che
non provoca sintomi, la ciste pilonidale può anche non essere trattata. Ciò non significa che il paziente non debba fare nulla: al contrario, per facilitare il riassorbimento della cisti pilonidale i primi rimedi sono
il mantenimento di una buona igiene e la depilazione della zona interglutea.
Altra questione si verifica
quando la cisti pilonidale è infiammata e si è sviluppata un’infezione: prima che si formino una fistola sacro-coccigea oppure un ascesso coccigeo, può rivelarsi utile seguire una terapia di tipo farmacologico con
antibiotici e antinfiammatori, sempre su prescrizione medica. L’assunzione di antibiotico è particolarmente coerente nei casi in cui il paziente soffre di una
intensa cellulite nella zona da trattare. Il medico stesso può anche decidere di prescrivere
antidolorifici nel caso in cui i sintomi siano particolarmente fastidiosi.
È inoltre possibile procedere con
incisione e drenaggio della cisti pilonidale: il medico “addormenta” l’area interessata con un anestetico locale, esegue un’incisione di piccole dimensioni aprendo così la cisti, drena il materiale purulento e rimuove tutti i corpi solidi presenti al suo interno (peli, capelli, minuscoli frammenti di tessuto, ecc.). In seguito, pulisce la ferita con una soluzione salina e la ricopre con una garza sterile. In genere, con l’aiuto dei farmaci sopra citati e con la sostituzione frequente della medicazione (circa tre volte a settimana), la ferita guarisce in quattro settimane.
Altri metodi mininvasivi, ma meno comuni e indicati solo in situazioni selezionate
con malattia pilonidale cronica, sono:
- Trattamento con colla di fibrina: si rimuovono i peli residui nella zona interessata e si esegue una sigillatura con questa tipologia di colla assorbibile. Si tratta di una procedura da eseguire in anestesia locale (o anche generale, in base alle esigenze del paziente) e comporta un recupero molto rapido.
- Iniezioni di fenolo, che possono anche prevenire il ricorrere della patologia soprattutto in caso di cisti pilonidale lieve o moderata.
Ma di fronte a una cisti pilonidale, il trattamento prevede
una sola soluzione definitiva, dato il già citato rischio elevato di recidiva:
l’intervento chirurgico di asportazione della cisti.
Cisti pilonidale: l’intervento
La tecnica principalmente utilizzata per rimuovere una cisti sacro-coccigea è la cosiddetta
EPsiT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment). La procedura, che dura circa 20-30 minuti, prevede l’esecuzione di una piccola incisione (inferiore a 5 millimetri), effettuata con guida ecografica, e l’introduzione di un laser o un elettrobisturi per l’asportazione della cisti.
Questa particolare tecnica di escissione della lesione offre tutta una serie di
vantaggi: una notevole
riduzione della quantità di tessuto asportato, con conseguente
diminuzione dei tempi di ricovero, una
gestione post-operatoria più semplice e un
recupero più veloce, tanto che il paziente può riprendere le proprie attività già nel giorno seguente. Lo stesso impatto estetico, che è legato a doppio filo con quello psicologico, è significativamente basso.
Dopo l’asportazione della cisti pilonidale, l’operazione prevede queste due opzioni, fra cui il medico può scegliere:
- Chiusura per prima intenzione o diretta: il chirurgo chiude la ferita con punti di sutura, che saranno rimossi dopo 10-12 giorni, e i lembi di cute che la definivano aderiscono. La guarigione della ferita è più veloce, ma non mancano casi di recidive anche dopo l’intervento.
- Chiusura per seconda intenzione: il medico lascia la ferita chirurgica aperta e la tampona con una garza sterile contenente una soluzione iodata. La zona risulterà più pulita e i tessuti saranno liberi di riformarsi. Si allungano però i tempi di guarigione, che possono arrivare anche a 6 settimane.
Dopo l’intervento, bisogna
prestare attenzione alle possibili complicazioni, che possono comprendere
infezioni locali o una guarigione difficoltosa della ferita. Il paziente deve quindi attenersi scrupolosamente alle indicazioni ricevute dal chirurgo e in generale dal personale medico, che consentiranno di gestire al meglio la fase post-operatoria e favorire la guarigione.
È proprio in questa fase che
le visite di controllo sono indispensabili, poiché permettono la gestione tempestiva di eventuali problematiche e l’osservazione della situazione nella sua evoluzione.