Pubalgia

Con pubalgia si indica il dolore causato dall’infiammazione di muscoli e tendini nella zona del pube, spesso dovuta alla ripetizione intensa di alcuni movimenti
La pubalgia è una patologia spesso legata all’ambito sportivo e viene particolarmente citata in ambito calcistico o ciclistico, ma non è detto che si limiti a questo. Nel caso di questa sindrome dolorosa, sono i sintomi a dare il nome con cui è nota: pubalgia, letteralmente “dolore al pube”.
Ma esattamente cos’è la pubalgia e come si manifesta?
 

Pubalgia: le cause possibili

La pubalgia è una condizione che può avere origine da numerosi disturbi. In generale, con il termine pubalgia si identifica il dolore dovuto a un’infiammazione di muscoli e tendini nella zona del pube. Nella maggior parte dei casi, le cause della pubalgia sono da ascrivere a una grande famiglia: quella dei microtraumi da movimento intenso, in cui il paziente ha ripetuto per troppe volte lo stesso gesto.

Ed ecco perché così spesso si sente associare pubalgia e sport (anche non agonistico), in particolare il calcio o il ciclismo, che richiedono la ripetizione di gesti tecnici specifici. Per lo stesso principio, la pubalgia può interessare anche chi svolge ogni giorno attività professionali o meno che implicano l’applicazione dei medesimi movimenti.

Non solo: nella pubalgia le cause possono anche comprendere artrosi dell’anca, traumi ai piedi o agli arti inferiori, asimmetria degli arti, patologie che coinvolgono la schiena, disfunzioni muscolari o urogenitali, patologie infettive.  Infine, le donne possono sperimentare una forma specifica di pubalgia: quella dovuta alla gravidanza, soprattutto dopo il sesto meso di gestazione. Del resto, il pube si trova in un’area di passaggio particolarmente delicata del corpo umano.

Con l’ileo e l’ischio, il pube costituisce parte delle ossa del bacino.
È composto da questi elementi: ramo superiore, sulla cui superficie sono presenti muscolo adduttore lungo, muscolo otturatore esterno, muscolo adduttore breve e muscolo gracile; corpo anteriore; cresta pubica e superficie interna, legata a fibre del muscolo otturatore interno; ramo inferiore, su cui corrono i fasci dei muscoli adduttori.

I citati muscoli adduttori partono all’altezza del pube e corrono verso il basso, innestandosi in vari livelli degli arti inferiori e consentendo di portare la gamba verso la linea mediana su cui il corpo si struttura. Il pube di destra e quello di sinistra sono connessi dalla sinfisi pubica, saldamente in posizione grazie a robusti legamenti. Sulle due superfici articolari è presente un rivestimento di cartilagine ialina, mentre tra una superficie articolare e l'altra si frappone un disco di fibrocartilagine. Nel pube si innesta anche il muscolo pubococcigeo, che regola la continenza urinaria, la funzione sessuale e il parto.

In sintesi, il pube è un complesso punto d’incontro per muscoli, legamenti e componenti vascolo-nervosi che toccano anche l’ambito urogenitale.

I sintomi della pubalgia si manifestano con uno in particolare: il tipico forte dolore, che si presenta soprattutto durante il risveglio mattutino oppure quando si dà il via all’esercizio fisico, dunque quando il muscolo è ancora freddo. L’attività fisica fa sì che la sintomatologia migliori. Il dolore da pubalgia si irradia dalla zona inguinale e può espandersi lungo i muscoli adduttori o quelli addominali, fino a raggiungere organi genitali e perineo.

Seppur più raramente, una pubalgia può dare anche sintomi alla vescica: il paziente ha la sensazione di non essere riuscito a svuotarla del tutto, con conseguente stimolo a urinare molto spesso anche se la vescica è in realtà vuota.

Nello stadio più avanzato, i sintomi della pubalgia possono manifestarsi all’improvviso e con grande intensità durante il movimento, a tal punto da ostacolarne il proseguimento e perfino rendere difficoltoso il semplice atto di camminare. Ecco perché è molto importante non sottovalutare la presenza nella zona inguinale di dolori: una pubalgia potrebbe esserne infatti la causa non ancora diagnosticata.

Si parla anche di pubalgia inguinale in quanto all’inguine si associano spesso i sintomi. Ma si potrebbe anche parlare di pubalgia addominale, poiché il dolore va non di rado a coinvolgere i muscoli dell’addome.

Per classificarla in modo più preciso, si utilizzano in genere queste denominazioni:
 
  • Sindrome retto-adduttoria. In questo caso, è coinvolta la zona del pube di natura più muscolo-tendinea. La sindrome è scatenata dall’eccessiva tensione generata sull’inserzione ossea del pube: la funzionalità viene così alterata e può sopraggiungere l’infiammazione. In caso di cronicizzazione, può essere coinvolta la struttura stessa dell’articolazione, con la conseguente formazione di microcalcificazioni. Gli adduttori si infiammano a causa dei rapidi movimenti di aggiustamento posturale: questi possono provocare stiramenti e microtraumi. Alcuni pazienti lamentano quindi dolore alla parte interna della coscia anche durante semplici gesti quotidiani, come togliere i pantaloni o scendere dall’automobile.
 
  • Osteo-artropatia pubica o sindrome sinfisaria. In questo tipo di pubalgia è la sinfisi pubica l’origine del dolore, in quanto ormai colpita da artrosi. Sono le forti sollecitazioni reiterate la causa principale di questa condizione, per attività sportive e lavorative oppure per motivi strutturali. La sensazione dolorosa si concentra nella zona del pube e aumenta durante il movimento (anche soltanto quello provocato da uno starnuto o dalla tosse).
 
  • Sindrome della guaina del retto femorale o del nervo perforante del retto addominale nel calciatore. In questo caso, la pubalgia è la conseguenza di un trauma, ovvero la microlesione della fascia superficiale addominale. Questa causa a sua volta lo stiramento del nervo perforante.

Con il trascorrere del tempo e l’aumentare delle conoscenze (e della sensibilità), sempre più la medicina si applica in modo differente al genere maschile e a quello femminile. Un cambio di approccio molto prezioso, in quanto fra donne e uomini sussistono differenze a livello biologico e socio-culturale che non possono essere ignorate nella pianificazione del miglior percorso di cura personalizzato. Una concezione che non può essere ignorata nemmeno in caso di pubalgia.
 

Pubalgia nell'uomo


La stessa sinfisi pubica non si presenta allo stesso modo nei due sessi: negli uomini, vi è localizzato uno dei capi del legamento sospensorio del pene.
 

Pubalgia nelle donne


Non solo sport o movimenti ripetuti. La pubalgia nella donna può anche avere una causa molto naturale: la gravidanza.
In questo periodo, l’organismo femminile produce più relaxina, l’ormone che favorisce la preparazione al travaglio agendo sulle articolazioni. Il bacino va così incontro ad alcune modifiche funzionali che servono ad agevolare il futuro passaggio durante il parto.
In corrispondenza del terzo trimestre, è quindi probabile che si manifesti un fastidio nel pube e nel basso ventre, che può tramutarsi in vero e proprio dolore e mal di schiena. Una sensazione dolorosa che la donna può percepire durante la deambulazione e durante il riposo notturno quando tenta di rigirarsi.

La pubalgia nelle donne può essere facilitata da un feto di dimensioni eccessive o in posizione anomala, da una gravidanza gemellare o da alcuni fattori già presenti nel corpo della futura mamma: legamenti lassi, addome ipotonico, colonna vertebrale contratta o sbilanciata.

Tornando alla sinfisi pubica, nelle donne essa è molto vicina al clitoride e il disco fibrocartilagineo di connessione è decisamente più robusto rispetto a quello degli uomini, proprio per facilitare l’espansione dello spazio per ospitare il feto.
Ecco perché in alcuni casi di pubalgia femminile la paziente sperimenta anche dolore durante i rapporti sessuali.

Si accerta la presenza di una pubalgia grazie a una visita fisiatrica.
Dopo la raccolta delle informazioni e dei dati, lo specialista passa a una verifica più approfondita, durante la quale il paziente può lamentare una sensazione dolorosa quando si tocca la zona interessata oppure nell’azione di stirare adduttori e addominali contro resistenza.

In alcuni casi, nell’inguine sono presenti rigidità e contratture ben identificabili, poiché i tendini coinvolti sono piuttosto vicini alla superficie. In alcuni casi, lo specialista può anche prescrivere esami specifici per indagare più a fondo: ecografia, radiografia del bacino e risonanza magnetica. Quest’ultima in particolare permette di ottenere dati molto precisi sulla situazione generale delle ossa e sulle strutture di muscoli e tendini.

Non vi sono particolari rischi di complicazioni in caso di pubalgia, ma più la diagnosi è tempestiva, maggiore è la possibilità di evitare che la sindrome si cronicizzi. Con ciò si intende una pubalgia più duratura di 12 settimane e dalla risoluzione molto più complicata.

Inoltre, è bene che lo specialista giunga a una diagnosi differenziale nel caso siano presenti anche alterazioni della sfera sessuale dovute a una disfunzione del muscolo pubococcigeo, come dispareunia (dolore durante il rapporto) nella donna e nell’uomo eiaculazione precoce. Nello stesso ambito di differenziazione, la visita deve anche fugare eventuali dubbi diagnostici su patologie testicolari (spesso all’origine di dolore riflesso), strappi muscolari o ernie.

Una volta accertata la presenza di pubalgia, cosa si può fare?
Prima di tutto, non esiste una cura vera e propria per questa sindrome dolorosa. È però possibile ricorrere ad alcune strategie per rispondere al trauma e recuperare la funzionalità dell’area interessata.

In caso di pubalgia, il primo fra i rimedi è il riposo assoluto o almeno il riposo dei muscoli e dell’articolazione che sono coinvolti nel disturbo. Dipende da ciascuna situazione, ma in genere il periodo di riposo opportuno varia da 2 a 3 settimane fino a raggiungere alcuni mesi.

Per una pubalgia la terapia in fase acuta va poi a comprendere anche queste pratiche:
 
  • Impacchi di ghiaccio sulla zona interessata per 15 minuti 2 o 3 volte al giorno. Questo rimedio è molto efficace nella riduzione del dolore;
 
  • Assunzione di farmaci antiinfiammatori (per esempio ibuprofene), sia in crema (uso topico) che in compresse o bustine (uso orale). Questi farmaci possono far diminuire sia la sensazione dolorosa che l’infiammazione all’origine. Più rara è la necessità di intraprendere un rapido ciclo di terapia con cortisone;
 
  • Fisioterapia, che ha un ruolo fondamentale. Per una pubalgia il trattamento fisioterapico è costituito da manipolazione, utilizzo di strumenti elettromedicali e allenamento funzionale. Nel dettaglio, si ricorre per esempio a:
    1. Laserterapia, durante la quale si tratta in modo mirato l’area interessata grazie all’energia luminosa del laser, che riduce il dolore, rilassa i muscoli e velocizza il processo di guarigione;
    2. Tecarterapia (Trasferimento Energetico Capacitivo Resistivo) che è un’ottima opzione, in quanto utilizza radiofrequenze per sollecitare una risposta nei tessuti.
    3. Terapia a ultrasuoni: grazie alle vibrazioni, le molecole dei tessuti colpiti si muovono con un effetto di micro-massaggio.
    4. TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation) contro il dolore e, se esso si rivela particolarmente duraturo, possono rendersi utili anche le onde d’urto, in quanto favoriscono l’apporto corretto di sangue ai tessuti infiammati e il progressivo riassorbirsi di eventuali calcificazioni.

Una volta superata la fase acuta della sindrome, con l’aiuto e la guida del fisioterapista il paziente può svolgere questi esercizi:
  • allungamento dei muscoli adduttori e della catena muscolare posteriore della coscia;
  • rafforzamento degli adduttori con movimenti eccentrici e concentrici;
  • rafforzamento dei muscoli addominali e del bacino;
  • esercizi propriocettivi per supportare equilibrio e stabilità;
  • esercizi di coordinazione e di controllo di tutto il tronco.

Questi non sono solo rimedi per la pubalgia nell’uomo, ma anche per quella che interessa le donne.

Per quanto riguarda il tema specifico della gravidanza, dal momento che è giocoforza limitata la scelta dei farmaci da utilizzare, la futura mamma può anche usare una fascia addominale di sostegno, da applicare sulla parte più bassa dell’addome in modo da contenerlo senza schiacciarlo. Non c’è comunque da preoccuparsi, né per la donna né per il bambino: questo tipo di pubalgia in genere scompare dopo il parto e non tocca minimamente il feto.

È anche possibile ricorrere a rimedi naturali per la pubalgia, come ad esempio l’applicazione di creme a base di piante con proprietà antiinfiammatorie: arnica, curcuma e zenzero. In ogni caso, nel riprendersi da una pubalgia i tempi di recupero sono strettamente collegati alla diligenza con cui il paziente si riposa e possono variare da una settimana a diversi mesi, a seconda della situazione di partenza.

Se dovessimo quindi rispondere alla domanda “come guarire dalla pubalgia?”, la risposta sarebbe: con costanza e approccio multidisciplinare.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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