Tumore esofago

La malattia del benessere.  I principali fattori di rischio sono fumo e l'alcool, responsabili nei Paesi occidentali del 90% dei casi.

Il tumore all’esofago è uno dei carcinomi più diffusi al mondo: è l’ottavo per frequenza, il sesto per causa di morte.

Le neoplasie dell’esofago possono essere di tipo epidermoidale (carcinoma squamoso) o ghiandolare (adenocarcinoma), molto diverse per  diffusione geografica, cause, biologia, opzioni  terapeutiche.
 
  • Il carcinoma a cellule squamose, origina dalla mucosa di rivestimento dell’esofago che è di tipo epidermoidale dal tratto cervicale al cardias. Questo tipo di tumore è causato prevalentemente dal tipo di alimentazione e in modo particolare dall’abuso di alcool dalla combinazione di alcool e fumo. Si manifesta con alta incidenza in paesi come Iran, Cina, Kazakhstan, Zimbabwe. Nel mondo occidentale è molto frequente nelle regioni dove vi è elevato consumo di bevande alcoliche quali la  Normandia, il Calvados e il Triveneto. Nei paesi occidentali il  principale fattore di rischio del carcinoma epidermoidale è costituito dall’effetto sinergico dell’abuso di fumo di alcol.
  • L’adenocarcinoma è da oltre 15 anni in netta crescita nei paesi occidentali dove è di gran lunga il più frequente; nasce dalle cellule di tipo colonnare che ricoprono il breve tratto di passaggio (inferiore a 2 cm di lunghezza) dalla mucosa epidermoidale a quella gastrica. L’adenocarcinoma si sviluppa con particolare frequenza nell’epitelio di Barrett, definito da mucosa metaplastica intestinale che si sviluppa in seguito al danno cronico provocato dal reflusso gastro-esofageo. La frequenza di questa forma di tumore all’esofago è stimata in 6,3 casi ogni 1000 pazienti portatori di Epitelio di Barrett per anno di follow-up. Le persone in cui si è sviluppato l’esofago di Barrett, a sua volta classificato a seconda dell’estensione, possono essere inclusi in programmi di sorveglianza endoscopica e istologica, particolarmente quando si riconosce la comparsa della displasia, prima tappa dell'evoluzione in neoplasia. L’obesità conseguente ai disordini alimentari tipici oggi delle società occidentali, la presenza di ernia gastrica iatale che favorisce nettamente il reflusso gastro-esofageo sono i fattori favorenti la sequenza reflusso-Barrett-displasia-adenocarcinoma. E’ molto importante sottolineare che recenti studi indicano che l’adenocarcinoma del cardias può però insorgere anche indipendentemente dalla malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE), con meccanismi di crescita che implicano fattori genetici e bio-molecolari.

È necessario non sottovalutare l’insorgere dei sintomi tipici del tumore all’esofago:
  • disfagia, che si manifesta come difficoltà a  deglutire, come senso di arresto del bolo ( il boccone di cibo) , dietro lo sterno, come dolore urente (odinofagia). La disfagia “vera” che è tipica della ostruzione meccanica dell’esofago si verifica “sempre” pochi secondi dopo la deglutizione prevalentemente di un bolo solido.
  • Rigurgito, cioè la risalita verso la bocca del bolo di cibo che non può transitare verso il basso e spesso deve essere espulso ( nulla ache vedere con nausea e vomito che riconoscono cause e meccanismi diversi).
  • Scialorrea, cioè la iper produzione di saliva provocata dallo stop alla progressione di solido e liquido in esofago.
La disfagia inizialmente è saltuaria, si manifesta prevalentemente quando si deglutiscono cibi solidi e tenaci quali la carne ed il riso, bocconi non ben masticati o voluminosi; con il progredire della malattia il tumore cresce e riduce progressivamente il lume dell’esofago per cui la disfagia i sintomi specifici i si fanno severi e frequenti, spesso si associano a :
  • singhiozzo
  • perdita di peso
  • raucedine
  • tosse stizzosa

In presenza di episodi ripetuti di disfagia, riconoscibili secondo le caratteristiche sopra descritte, ci si deve rivolgere ad un medico che prescrive lo studio radiologico o endoscopico dell’esofago (tubo digerente ed esofagogastroduodenoscopia).

La diagnosi è per definizione istologica: viene attuata su prelievi della neoplasia attuati in corso di endoscopia.

Una volta ottenuta la diagnosi, per decidere il tipo di terapia, si deve eseguire la stadiazione della neoplasia, cioè la definizione della sua estensione, con: 
  • Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) di addome e torace, che consiste in un’indagine digitale del corpo umano diviso in sezioni. Attraverso i raggi X, si elaborano immagini tridimensionali delle varie aree prese in esame, in particolare di quelle difficilmente osservabili con altri metodi.
  • Tomografia ad emissione di positroni (PET), che insieme alla TAC consente risultati diagnostici di elevatissima precisione, attraverso  la somministrazione per via endovenosa di una sostanza di solito presente nel nostro corpo (in genere glucosio, di cui i tumori si “nutrono” in modo particolare). La PET identifica con esattezza l’estensione della localizzazione del tumore e la presenza di eventuali metastasi invisibili alla TAC.
  • Ecoendoscopia (EUS), che combina il metodo endoscopico con l’agevolazione della visione ecografica.
  • Laparoscopia di stadiazione, oggi sempre più spesso eseguita in considerazione dei limiti noti delle diagnostiche non invasive.
Con la stadiazione, oggi nei centri di riferimento per la diagnosi e terapia delle neoplasie dell’esofago si effettua lo studio biologico della malattia (definizione dei sottotipi istologici, delle caratteristiche bio-molecolari e genetiche), volto ad eseguire una terapia di precisione, con cui si raggiungono i migliori risultati in termini di sopravvivenza.

La terapia per il tumore dell’esofago oggi può essere attuata con la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, la immunoterapia, separatamente o più frequentemente con azione sinergica di due o più metodiche.

Per grandi linee, le neoplasie a scarsa o media aggressività biologica in fase iniziale (stadio 1/II) vengono in prima istanza trattate con la chirurgia, a seguire con chemio-radioterapia (terapia adiuvante) se lo studio  anatomo-patologico del pezzo operatorio mette in evidenza uno stadio più avanzato o la maggiore aggressività della malattia, rispetto ai dati desunti con la iniziale stadiazione strumentale (la non corrispondenza è abbastanza frequente, si aggira attorno al 40% dei casi in cui in genere si  verifica la sottostadiazione).

Quando la stadiazione clinica depone per stadi avanzati, per la presenza di metastasi linfoghiandolari (N+)  o addirittura ad altri organi (M+) la radio-chemioterapia deve precedere la chirurgia ( terapia neo-adiuvante), che viene effettuata solo dopo adeguata regressione della malattia. La radioterapia è elettivamente somministrata in caso di neoplasia epidermoidale, la scelta dello schema di terapia farmacologica viene operata in considerazione del tipo istologico e di parametri bio-molecolari.

L’intervento chirurgico consiste nella resezione dello stomaco e dei linfonodi satelliti: maggiore è l’estensione della resezione, migliore è la sopravvivenza. Considerando che l’esofago si trova in tre diversi comparti anatomici del nostro corpo (collo, torace, addome), l’area della resezione e quindi anche la tecnica ricostruttiva del tratto digestivo vengono selezionate a seconda della sede del tumore esofageo: le tecniche mini invasive sono di routine quando è indicata la ricostruzione utilizzando lo stomaco (per le localizzazioni toraciche o per tipi particolari di neoplasie del cardias); la ricostruzione intratoracica con il digiuno o il colon (per le neoplasie esofago gastriche) è più difficilmente attuabile per via toracoscopica.

Anche la fase post-operatoria è fondamentale e nei centri di riferimento viene affrontata scrupolosamente: il paziente viene precocemente messo in movimento con l’ausilio del fisioterapista, così come la nutrizione artificiale (preferibilmente per via enterale) si effettua già fin dal secondo o terzo giorno dopo l’operazione. Se non insorgono complicanze, il paziente viene dimesso dopo almeno 7 giorni di degenza.

Il tasso di complicanze e di mortalità post chirurgica, sono strettamente correlati con la esperienza del team chirurgico-anestesiologico; questo assunto è dimostrato da una ampia messe di studi scientifici; in alcune nazioni europee, ad esempio il Regno Unito e l’Olanda, la chirurgia del cancro dell’esofago è stata centralizzata, con risultati molto favorevoli.  In questi centri operano team multidisciplinari di chirurghi, oncologi, Patologi, Bio-genetisti che si dedicano elettivamente alla attività clinica e alla ricerca per questa patologia.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

Le Strutture Sanitarie che accertano o curano questa patologia

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