Osteoporosi

L’osteoporosi letteralmente significa “osso poroso”, è una malattia metabolica ossea che si caratterizza per la significativa riduzione della componente (massa) minerale nonché il progressivo deterioramento della struttura (architettura) del tessuto osseo causando così la fragilità del sistema scheletrico fino ad indebolirlo a tal punto che anche piccoli traumi possono provocare fratture. 
Più precisamente le ossa sono formate da tessuti viventi e sono composte prevalentemente da collagene e calcio, che danno rispettivamente flessibilità e durezza. Con gli anni però questi tessuti possono perdere la capacità di rigenerarsi perciò le cellule preposte alla produzione di nuovo tessuto osseo sono meno attive rispetto a quelle che riassorbono il tessuto vecchio, in questo modo i tessuti esauriti non vengono più sostituiti.

L’espressione più grave dell’osteoporosi è rappresentata dalla frattura ossea causata da motivi anche banali come il sollevamento di un peso, la torsione del busto o un semplice salto. Le ossa più colpite sono femore, bacino, avambraccio e vertebre. 

Si stima che in Italia oltre 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini con un’incidenza in aumento nel sesso maschile siano soggetti ad osteoporosi. (fonte: Siomms)

I sintomi

I sintomi dell’osteoporosi non risultano sempre di facile riconoscimento, anzi in fase iniziale viene definita una patologia asintomatica. Gli specialisti hanno infatti coniato un’espressione molto calzante in proposito, arrivando a definire la malattia come “la ladra silenziosa” in ragione del suo “sottrarre” calcio alle ossa senza manifestarsi in modo eclatante per anni è per questo che la prevenzione risulta fondamentale. 

In particolare non esistono per l’osteoporosi sintomi iniziali esclusivi. Il segnale che può indurre il medico a sospettare della sua presenza è rappresentato dal dolore osseo. Ma rispetto a ciò - tale disturbo invalidante non di rado è un campanello d’allarme dell’artrosi, altra patologia comune nelle persone anziane, seppur con decorso ben diverso dalla prima - i dolori, i sintomi da osteoporosi all’anca e alla schiena (nella zona lombare ricordano più un senso di pesantezza) non compaiono al mattino usciti dal letto, bensì dopo essere stati a lungo in piedi e annullandosi - rapidamente - una volta sdraiati. 

Vi sono poi altri sintomi tipici (non esclusivi) dell'osteoporosi descritti in letteratura medica: calcolosi renale, ipercalcemia (alta concentrazione di Calcio nel sangue), ipercifosi (quando l’angolo di curvatura del rachide dorsale supera i 35 gradi), iperlordosi (accentuazione della curva del rachide lombare), osteopenia (basso valore della densità minerale ossea). 

Per l’osteoporosi i farmaci vengono prescritti in quei pazienti che hanno già affrontato una frattura osteoporotica e nelle persone “ad alta possibilità” di frattura a causa di una evidente familiarità per la malattia, menopausa precoce e pregresse situazioni di ridotta massa ossea.

Tuttavia va ricordato come i farmaci per l’osteoporosi non permettono di guarire dalla patologia conclamata e non siano in grado di reintegrare in maniera completa la percentuale di massa ossea già perduta. Agiscono attraverso meccanismi capaci di rallentare o arrestare l’evoluzione della malattia, creando una barriera alle perdite di calcio e ‘rinforzando’ l’osso a livello strutturale riducendo al tempo stesso il pericolo di traumi (rotture). 

In generale, la domanda che ci si può fare è “La medicina dispone per trattare l’osteoporosi di farmaci efficaci?” La risposta è da ricercare in un trattamento individuale (personalizzato) scegliendo tra le categoria di medicinali oggi disponibili sul mercato, assicurando al paziente un sostegno terapeutico in sintonia con le sue caratteristiche psicofisiche, il grado di avanzamento della malattia, la sua storia clinica e la compresenza di eventuali, ulteriori fattori di rischio. 
 

Quali i farmaci contro l’osteoporosi più utilizzati?

Sotto il profilo teorico, quando ad una donna in menopausa viene diagnosticata l’osteoporosi il medico di base, di concerto con lo specialista, può consigliare l’impiego di un’apposita terapia ormonale sostitutiva. La terapia ha un duplice obiettivo: da un lato “rimandare” nel tempo tutte le manifestazioni connesse alla menopausa - nonché mantenere ed incrementare la densità minerale dell’osso, ridurre il pericolo di fratture improvvise - dall’altro intervenire sui disturbi peculiari del periodo post-menopausale: vampate, modificazioni della cute e delle mucose, alterazioni dell’umore. Il ricorso a questi farmaci è comunque controindicato in soggetti con familiarità per il tumore alla mammella a causa dell’uso degli estrogeni che giocano un ruolo di primo piano anche nell’insorgenza di malattie cardiache, ictus ed embolia polmonare. Da qui la necessità di accedere alla terapia ormonale sostitutiva soltanto in casi preventivamente selezionati, per periodi non prolungati e non dopo i 55 anni. 

Le altre categorie dei farmaci anti-osteoporosi comprendono: i Serm (modulatori sellettivi dei recettori estrogenici) la cui azione è simile agli estrogeni rispetto ad alcuni tessuti (tra cui l’osso) mentre ha effetti opposti su altri possibili organi bersaglio (mammella ed endometrio); i bisfosfonati (inibiscono l’attività cellulare che provoca la rimozione dell’osso dallo scheletro), tra cui l’acido zolendronico e il clodronato; l’ormone paratiroideo; lo stronzio ranelato (sale organico dello stronzio), studiato nel suo processo di stimolazione delle cellule che producono osso e nel suo antagonismo verso quelle che lo riassorbono.

Quali sono le cause dell’osteoporosi? i fattori di rischio per la malattia e le fratture improvvise vanno ricercati in una serie di elementi che il medico ottiene dall’anamnesi corretta del paziente. 

L’osteoporosi è soprattutto una malattia della terza età: gli specialisti, infatti, la definiscono altrimenti come osteoporosi senile o post-menopausale. 

La prima causa di osteoporosi femminile è pertanto il repentino abbassamento ormonale, cioè degli estrogeni ovvero degli ormoni sessuali necessari, tra le altre cose, al metabolismo osseo. Negli uomini la malattia compare solitamente più tardi in virtù del fatto che il sesso maschile possiede un osso scheletrico più robusto e ricco di calcio e perché la “caduta” degli ormoni sessuali è meno rapida. 

I fattori di rischio per l’osteoporosi primaria

Accanto ad una familiarità positiva per la stessa malattia vengono inclusi: un’eccessiva magrezza, una menopausa precoce (prima dei 45 anni) sia di natura spontanea che indotta chirurgicamente; la vita sedentaria; un'alimentazione scorretta (carenza di calcio); l’abuso di alcool e caffè; il fumo di sigaretta; l’immobilità prolungata; l’appartenenza alle razze caucasica o asiatica. 

Fattori di rischio per l’osteoporosi secondaria sono invece l’assunzione di farmaci cortisonici, anticoagulanti, anti-convulsioni, antiacidi; abuso di lassativi; altre patologie. Concentrando l’attenzione sulla voce “altre patologie”, le cause di osteoporosi secondaria devono essere attentamente indagate in chi, a titolo d’esempio, soffre di anoressia nervosa, morbo di Crohn, celiachia, ipertiroidismo, sindromi immuno-reumatiche. 

Osteoporosi e dieta: quale rapporto esiste tra la malattia ed il cibo?
Innanzitutto è importante rispettare un regime calorico equilibrato, vario e ricco di calcio. Nella dieta anti-osteoporosi il calcio è fondamentale, poiché principale costituente delle ossa, ma l’organismo umano non è in grado di produrlo in modo autonomo e pertanto deriva da ciò che portiamo in tavola. 

L’alimentazione, per l’osteoporosi come per altre patologie, è il primo, importante baluardo difensivo. Gli alimenti ricchi di calcio comprendono sia i cibi ricavati dalla trasformazione del latte - yogurt e formaggi (seppur privi di grassi); sia gli ortaggi a foglia larga (rape, carciofi, cardi, cavolo cappuccio verde, cicoria, radicchio verde, spinaci) che i legumi secchi, il polipo, le sardine, le alici e gli sgombri in aggiunta a mandorle, noci e arachidi. 

Ma di quanto calcio necessitiamo? L’assunzione ottimale è quantificabile in 1.000 milligrammi al giorno nei maschi dai 25 ai 65 anni e nelle donne in premenopausa; in 1.500 milligrammi al giorno negli uomini e nelle donne over 65. 

Risulta invece difficile trovare fonti alimentari per introdurre la Vitamina D che è essenziale per garantire un’adeguata mineralizzazione dell’osso e questo perché viene sintetizzata dal corpo umano a livello della cute tramite l’irraggiamento solare. Possiamo però affermare che i cibi in cui è contenuta sono lo sgombro, le sardine, il salmone e l’aringa e, in quantità minori, nel tuorlo d’uovo.

Il cedimento della colonna vertebrale da osteoporosi è una delle conseguenze della malattia più temute. Ogni 22 secondi nel mondo si verifica una nuova frattura. Le aree più colpite dalla “rottura improvvisa” sono quelle del rachide toracico e lombare. 

L’osteoporosi della colonna vertebrale ha sintomi spesso sottovalutati in quanto riconducibili ad un generico “mal di schiena”, trattabile per mezzo degli antidolorifici e riposo a letto. Eppure un dolore cruento, esacerbato altresì dai movimenti più lievi può essere il segno di un crollo già avvenuto. 
Due i segnali d’allarme ai quali gli specialisti dedicano particolare cura nella ricerca di una o più fratture a seguito di osteoporosi alla colonna vertebrale: la riduzione dell’altezza di oltre 3 cm tra un check diagnostico e l’altro; un’accentuazione della curva dorsale (gibbo di bufalo). 
 

Come trattare le fratture vertebrali sintomatiche?

Accertata la frattura spinale il medico oltre ad intervenire in prima istanza con la somministrazione di farmaci antinfiammatori e antidolorifici, può suggerire l’iniezione locale di steroidi o disporre il trasferimento in un reparto di chirurgia specializzata proponendo la vertebroplastica o la cifoplastica.

La vertebroplastica per la risoluzione dei danni da osteoporosi vertebrale ha come obiettivi principali l’attenuazione del dolore e la protezione da ulteriori crolli del rachide. E’ una procedura ormai ben consolidata che prevede la stabilizzazione del corpo vertebrale tramite l’inserimento di una sostanza biocompatibile ad effetto cementante. 

La cifoplastica con palloncino (BKP) associa invece alla stabilizzazione della frattura il ripristino dell’altezza del corpo vertebrale, correggendo e prevenendo la progressiva deformità del rachide. La metodica si esegue gonfiando due palloncini all’interno della vertebra in manieta tale da ricreare una ‘cavità fisiologica’ da riempire poi con un particolare cemento osseo. 

Entrambe le tecniche assicurano un rapido sollievo analgesico e un buon recupero della mobilità.

Anche la ginnastica per l’osteoporosi alla colonna vertebrale può essere d’aiuto, purché dolce. L’attività fisica è di vitale importanza nei percorsi di prevenzione a molte malattie. La sollecitazione a livello meccanico dello scheletro ha influssi positivi sull’intero processo metabolico dell’osso, tale da stimolare la formazione di nuovo tessuto. 

E per chi lamenta osteoporosi dorsale di grado severo? Tutti i pazienti, ricoverati in strutture ospedaliere o assistiti al proprio domicilio, non dovrebbero sottrarsi ad esercizi di ginnastica per l’osteoporosi della colonna vertebrale sotto il diretto controllo dei fisioterapisti abilitati. Ed è proprio il fisioterapista a “prescrivere” attività specifiche allo scopo di rinforzare la schiena e la parete addominale. Potenziare i muscoli estensori comporta una significativa riduzione percentuale di futuri eventi traumatici. All’attività fisica “controllata” è associabile, soprattutto in condizioni di fratture multiple da schiacciamento, un programma di riabilitazione a base di neurostimolazione elettrica transcutanea (TENS) e idroterapia.

Esiste un esame per l’osteoporosi che possa considerarsi di riferimento? Seppure in premessa si è detto dell’osteoporosi come malattia subdola, insidiosa e “silenziosa”, l’esame specifico per l’osteoporosi esiste ed è rappresentato dalla MOC (mineralometria ossea computerizzata) con tecnica DXA. La MOC consente di valutare il pericolo di fratture, di organizzare la successiva fase di monitoraggio della malattia in previsione della sua progressione, di verificare le risposte dell’organismo dopo l’applicazione dei protocolli farmacologici. È un test strumentale non invasivo, di facile effettuazione e che dà riscontri precisi. 

Diverso l’impatto delle analisi ematochimiche: gli esami di laboratorio per l’osteoporosi o in altri termini gli esami del sangue per l’osteoporosi non rivestono un ruolo di primo piano nella diagnosi clinica della malattia primitiva, ma hanno un peso determinante nell’indagare le forme di osteoporosi secondaria.

Come si è visto fin qui, la diagnosi di osteoporosi si ricava dall’insieme di più fattori analizzati in contemporanea. Oggi, oltre alla già ricordata MOC (mineralometria ossea computerizzata), lo specialista dispone delle cosiddette “carte di rischio” grazie alle quali si arriva, per mezzo di calcoli molto complessi, all’elaborazione di alcune variabili destinate alla stima dei rischi di frattura nell’arco dei 10 anni successivi al test strumentale.

Osteoporosi e prevenzione: se la prima parola - una volta pronunciata - fa paura, la seconda dà, al contrario, molta fiducia. Cinque, in estrema sintesi, i comportamenti da adottare come positiva strategia preventiva ed enunciati dai ricercatori: dal garantirsi un buon apporto di Vitamina D, rimanendo all’aria aperta almeno un’ora al giorno, all’introdurre più calcio con la dieta; dal praticare attività fisica moderata (camminata, ballo, corsetta leggera, bicicletta o cyclette) al non fumare e al non eccedere con il consumo giornaliero di bevande alcoliche.

Pur essendo una malattia dell’età avanzata, l’osteoporosi può manifestarsi comunque in soggetti relativamente giovani (25-50 anni). Un’eventualità rara, ma possibile. Relativamente ai “segni” della malattia, l’osteoporosi giovanile dà sintomi - nei casi in cui ad essere colpiti siano bambini o ragazzi nella fascia compresa tra gli 8 ed i 14 anni - riconducibili a varie alterazioni, anatomiche e non. Alterazioni come il non completo sviluppo della schiena (che può rivelarsi più corta rispetto alla norma); i continui dolori ossei ai piedi e all’anca; la curvatura accentuata della colonna toracica (cifosi), il petto estremamente incavato. In simili circostanze però l’osteoporosi giovanile/infantile ha cause frutto della degenerazione di un’altra patologia sottostante e ricade nel gruppo delle osteoporosi secondarie. Nell’osteoporosi in età giovanile detta invece “idiopatica”, i motivi che portano alla fragilità ossea del paziente - pur in presenza di corretti livelli ormonali e congrue quantità vitaminiche - rimangono oscuri. Per l’osteoporosi giovanile/pediatrica le cure sono identiche sia nelle forme primitive che secondarie. Innanzitutto occorre eliminare i deficit alimentari (in particolare l’apporto di calcio e proteine) in rapporto all’età, al sesso, alle caratteristiche psicofisiche dell’individuo e all’eventuale patologia ‘nascosta’.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

Le Strutture Sanitarie che accertano o curano questa patologia

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